vi avevo parlato di approccio minimale? beh, sto continuando nell’impresa. impresa per me perché sono un’accumulatrice, una raccoglitrice di conchiglie, pagliuzze, perline, piume, pietruzze. raccolgo parti, le archivio e poi le ricombino. tuttavia quest’abitudine finisce per estendersi anche al superfluo, e finisco per ritrovarmi una mattina a fissare quelli che io ritengo ammassi di ciarpame che avrei potuto benissimo lasciare fuori dalla mia vita. ora, non esageriamo, spesso si tratta di roba salvata dal destino finale “rifiuto” (per i più svariati motivi) perché me la cavo abbastanza bene a spendere soldi solo per quello che mi abbellisce la vita, e a lungo (anche se non si finisce mai di migliorare), ma l’accumulo compulsivo anche se a buon fine è sempre accumulo. quindi ho deciso di fare spazio, di fare aria, e al ritorno dalle vacanze ho iniziato un pezzettino alla volta a lanciare le cose giù dalla finestra mentale, e fuori dallo spazio fisico. respiro già meglio, come quando elimino la polvere, maledetta. tra parentesi: chi di voi odia sommamente spolverare? perché per me è l’attività sul podio dell’odio tra le faccende domestiche. per ora ho creato uno spazio di pensiero accogliente e pulito, e sono solo all’inizio: ho inaugurato l’anno con delle risoluzioni e una lucidità mentale che mi mancava da tempo. proprio la volta che mi ero proposta di non propormi propositi, proprio l’anno che mi ero lasciata libera e placida, positivamente arresa con me stessa, o forse cedevole, o forse comprensiva. forse proprio per questo, anzi sicuro. insomma, sono più limpida: ho pulito con zelo le finestre, il secondo posto sul podio dell’odio tra le faccende domestiche, e ora entra pure un sacco di luce a illuminare tutto questo spazio che ho fatto. per celebrare vi propongo questa torta che mi sono portata dietro dalle giornate pigre delle vacanze: è semplice, rilassante da fare e buonissima! è fresca, morbida, succosa e non contiene grassi, eccetto una spennellata sulle pareti per ragioni architettoniche. e qua ci sta la mia solita cagat, ehm, metafora culinaria: un po’ di eccesso va mantenuto, per evitare l’eccesso, per la bellezza e il piacere, per tenerci a mente le nostra vulnerabilità e debolezza sacrosante, non sia mai che ci crediamo troppo fighi, eh. ah, OVVIAMENTE, l’azzurro è quello del cielo di queste giornate cristalline, l’arancione è la luce del sole che mi sveglia al mattino, gettandosi liquida e densa dentro la mia stanza manco fossi una fetta d’arancia da inzuppare nello sciroppo.
P.S. ora che sono tornata, fisicamente e metaforicamente, rispondo ai vostri adorabili commenti. non pensate mai che li snobbi (sono solo un casino ambulante), perché i commenti sono il mio carburante e vi adoro.
rovesciata alle arance e semi di papavero
4 arance tarocco non trattate
500 g d’acqua
475 g di zucchero
20 g di burro
150 g di farina media di tipo 00
150 g di farina di mandorle
20 g di semi di papavero
4 g di lievito
3 uova
CON CURA per evitare il più possibile l’amaro scegliere arance con buccia sottile e poca parte bianca: le arance tarocco sono l’ideale per questa torta perché sono le più dolci e sugose
SENZA FRETTA portare le uova a temperatura ambiente
- tagliare le arance in fette sottili di 2/3 mm di spessore al massimo
- versare in una casseruola l’acqua e 300 g di zucchero, portare a bollore e cuocere a fuoco dolce per 10′
- immergere le fette d’arancia nello sciroppo 1/3 alla volta, lasciandole cuocere per 6 – 8′: trascorso il tempo estrarle delicatamente cercando di scolare lo sciroppo in eccesso e riporle su un piatto a intiepidire
- frullarne 125 g (le fette un po’ più bruttine) con 75 g dello sciroppo avanzato e tenere da parte la purea ottenuta
- in una ciotola mescolare bene farina e lievito setacciati, farina di mandorle e semi di papavero
- scaldare per 5′ uno stampo di d 20 cm, sciogliere il burro e spennellarlo abbondantemente sul fondo e sulle pareti
- rivestire il fondo con le fette d’arancia più larghe, sovrapponendole l’una all’altra per metà e disponendone una a riempire il centro (ne occorrono 13/14)
- rivestire le pareti con le fette un più strette sovrapponendole solo leggermente (ne occorrono 15/16)
- tagliare a metà le fette più piccole avanzate e tenerle da parte
- montare le uova con lo zucchero rimasto fino a ottenere una consistenza chiara, soffice e spumosa, ma comunque fluida
- unire la purea di arance avvolgendola delicatamente con una spatola
- formare una buchetta negli ingredienti secchi e versarvi gli ingredienti liquidi, mescolare con una spatola energicamente e velocemente a partire dalle pareti
- versare il composto nello stampo e appoggiare delicatamente le mezze fettine avanzate sull’impasto lungo il bordo, senza sovrapporle e con il lato rivolto verso l’interno
- infornare a 180° per 45′, una volta trascorsi controllare la cottura di minuto in minuto infilzando il dolce con uno stecchino: sfornarla appena esce asciutto
- lasciare intiepidire nello stampo, poi capovolgere direttamente sul piatto da portata
TÉCHNE per agevolare il rivestimento dello stampo basta mantenere tutto, stampo, burro e fette d’arancia, a una temperatura tiepida: in questo modo il burro non si solidificherà prima di aver applicato tutte le fette d’arancia.
SODALIZI è una torta più versatile di quanto possa sembrare: le arance sciroppate perdono gran parte dell’acidulo, l’accerrimo nemico del tè. osate quindi! io ho provato un po’ di abbinamenti: l’assam hattiali ammorbidisce e completa il sapore con il suo corpo e le note torbide di frutta essiccata (datteri, fichi, uvetta), l’Earl Grey ai fiori di lavanda e scorze d’arancia esalta invece le note fresche e lascia il palato piacevolmente asciutto, se invece volete provare un abbinamento tono su tono molto pungente e denso andate di tè nero giapponese allo yuzu. un’altra opzione deliziosa, assolutamente da provare, è servire una fetta a fine pasto come “digestivo”, accompagnata da uno zibibbo: ne avevo uno incredibile in casa, ed è finito troppo presto.